Lo scontro continua...
La diatriba tra FCI, l'ACSI e gli altri EPS non si ferma!
La quiete apparente tra Federazione Ciclistica Italiana ed Enti di Promozione Sportiva è durata poco. Dopo il comunicato diffuso ieri, martedì 4 novembre, dalla FCI — che annunciava il rinnovo delle convenzioni per il 2026 con gli EPS — è arrivata una replica durissima da parte dell’ACSI. L’ente presieduto da Antonino Viti non solo smentisce l’esistenza di qualsiasi accordo, ma accusa apertamente la Federazione di “operazione di comunicazione fuorviante” e di voler dividere il mondo del ciclismo amatoriale.
Nella nota pubblicata sul sito federale, la FCI aveva dichiarato che “a seguito dell’incontro del 4 novembre con i rappresentanti degli Enti di Promozione Sportiva, è stato trovato l’accordo per il rinnovo delle convenzioni per il 2026 con Uisp, AICS, Csain, CSI, Opes, ASI, Us Acli e Csen.”
Una frase che, a leggerla così, lascia intendere che tutti gli EPS abbiano dato il proprio via libera.
Peccato che la realtà — almeno secondo quanto denuncia l’ACSI — sia ben diversa.
«Questo comunicato è volutamente ambiguo e fuorviante», scrive l’associazione in una presa di posizione dai toni inequivocabili. «Durante l’incontro del 4 novembre non è stato firmato alcun accordo da nessuno degli Enti presenti. Né approvato, né condiviso alcun testo convenzionale. La discussione si è limitata a un confronto di principio».
Tradotto: nessuno ha firmato nulla. Eppure la FCI si è affrettata a comunicare al mondo ciclistico che l’accordo c’è. Un gesto che l’ACSI definisce “gravemente scorretto e contrario ai valori dello sport”, accusando la Federazione di “piegare la verità a logiche di potere e non di servizio”.
Il punto, spiega ancora ACSI, non è solo formale. La Federazione — secondo quanto emerge dal resoconto dell’incontro — avrebbe ribadito la propria volontà di gestire direttamente tutte le Gran Fondo, rivendicando un presunto diritto di esclusiva organizzativa. Una posizione che l’ACSI giudica “priva di fondamento normativo” e in contrasto con “i principi di libertà associativa riconosciuti agli Enti di Promozione Sportiva”.
In altre parole: la FCI vorrebbe il controllo totale sulle gare amatoriali, ma senza basi giuridiche solide per sostenerlo.
L’ACSI, da parte sua, non ci sta. “Siamo andati all’incontro per rispetto, non per arrenderci,” scrive nella sua nota. “Continueremo a difendere la libertà dello sport, i diritti delle società e la dignità del movimento ciclistico amatoriale.”
Il messaggio è chiaro e, a tratti, amaro: il ciclismo amatoriale non è proprietà della Federazione. “Lo sport non può essere gestito come un monopolio, ma come un bene comune,” conclude l’ente, chiedendo un intervento diretto del CONI e del Ministero dello Sport.
Difficile, dopo uno scambio di dichiarazioni così pesante, immaginare una riappacificazione a breve. La FCI parla di accordo, l’ACSI risponde che non esiste alcun testo firmato. Di certo, il mondo del ciclismo amatoriale si trova di nuovo al centro di una guerra di comunicati che rischia di minare la fiducia di società e organizzatori.
E intanto, mentre la Federazione annuncia intese che non ci sono, sul campo regna la confusione.


